INFANZIA
(quinto)
Mi si affitti dunque questa tomba,
imbiancata a calce con le linee del cemento in rilievo - molto lontano sotto terra.
Mi appoggio al tavolo coi gomiti,
la lampada illumina molto vivamente questi giornali
che sono tanto idiota da rileggere,
questi libri privi d'interesse. -
A enorme distanza sopra il mio salotto sotterraneo,
s'impiantano le case, si addensano le nebbie.
Il fango è ros- so o nero. Città mostruosa, notte senza fine!
Meno in alto, ci sono le fogne.
Ai lati, nient'altro che lo spessore del globo.
Forse voragini d'azzurro, pozzi di fuoco.
Forse è su questi piani che s'incontrano lune e comete, favole e mari.
Nelle ore d'amarezza immagino sfere di zaffiro, di metallo.
Sono padrone del silenzio.
Perché mai una parven- za di spiraglio
dovrebbe illividire all'angolo della volta?
(Arthur Rimbaud)