Giacinto Pannella, detto: Marco
(Teramo, 2 maggio 1930 –
Roma, 19 maggio 2016)
Prima di Pannella, uomo da marciapiede, alla politica mancava la notte. La notte è affare di puttane e di ladri, di froci e di spacciatori, di tradimenti e di rivelazioni. Stanze d’ospedale illuminate da lucine di macchinari e lamenti inascoltati, celle di galere illividite da luci al neon e gridi disperati. La notte degli amori e dei dolori: la politica se ne teneva alla larga come un impiegato dal suo sportello, dopo aver timbrato il cartellino d’uscita. Anche ai migliori esemplari della politica professata, cravatta e faccia obbligatoria, non si doveva immaginare frequentazione della notte che non servisse a dormirci sopra. Marco Pannella rivendicava la notte, i letti, le cacce, le febbri, i sudori e gli umori, la paura. Fu grazie alla notte che Pier Paolo Pasolini riconobbe Pannella come una figura fraterna. Pasolini ci abitava dentro come un animale notturno, ma Pasolini era un poeta. Pannella era un politico. Pannella inventò il Palazzo, Pasolini ne fece il Processo. Pasolini scriveva, Pannella parlava; la sua scrittura non fu mai all’altezza della sua eloquenza e, trascritti, i suoi discorsi più belli rischiano la retorica. Pannella parlava piuttosto, perché la scrittura, quando non sia poetica, pretende di fissare qualcosa che la parola detta lascia scorrere liberamente.
(Adriano Sofri)
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