Dal castello II | A Cinzia (padrona di Licinna)


A Cinzia (padrona di Licinna)
Libro I - Prima Elegia

Cinzia per prima m’irretì, sventurato, con i suoi dolci occhi,
quand’ero ancora intatto dai desideri della passione.
Allora Amore abbassò il consueto orgoglio del mio sguardo
e mi oppresse il capo sottoponendolo al dominio dei suoi passi,
finché m’insegnò crudele a odiare le fanciulle caste
e a condurre una vita priva di qualsiasi saggezza.
E ormai da un anno intero questa follia non mi abbandona
mentre sono costretto ad avere gli dèi avversi.
Milanione, o Tullo, disposto a non fuggire nessun travaglio,
infranse la crudeltà della dura figlia di Iasio.
Egli infatti errava talora, folle, per gli anfratti
del Partenio, e andava a scovare le irsute fiere;
e anche, percosso da un colpo di clava dal centauro Ileo,
giacque ferito e gemente sulle rupi d’Arcadia.
Dunque poté così domare la veloce fanciulla:
tanto in amore valgono le preghiere e i benefizi.
Per me Amore impigrito non escogita alcun espediente,
né ricorda di percorrere, come prima, le note vie.
Ma voi che traete giù dal cielo con ingannevoli arti
la luna, e compite riti propiziatorii sui magici fuochi,
orsù mutate l’animo di colei che mi signoreggia,
e fate che il suo volto divenga più pallido del mio!
Allora crederò che voi potete guidare il corso
degli astri e dei fiumi con gli incantesimi della donna di Cytaia.
E voi amici, che tardaste troppo a sollevare il caduto,
cercate aiuti per un cuore ormai infermo.
Sopporterò con saldezza le torture del ferro e del fuoco,
purché sia libero di dire ciò che l’ira mi detta.
Portatemi in mezzo a popoli e a mari remoti,
dove nessuna donna possa conoscere il mio cammino:
voi, il cui Dio ascolta con favorevole orecchio,
rimanete, e l’amore vi sia sempre sicuro e reciproco.
Quanto a me, la mia Venere mi travaglia con amare notti,
e Amore non mi abbandona mai lasciandomi libero.
Vi ammonisco, evitate questo male: ognuno indugi
nella propria passione, né si stacchi da un sentimento consueto.
Ché se alcuno tarderà ad ascoltare i miei ammonimenti,
ahi, con quanto dolore ricorderà le mie parole!

(Sesto Aurelio Properzio)